Le vigne dei giganti
La vite è una liana che sale verso il sole. Come spiega Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia i Romani la lasciavano arrampicare sugli alberi, il che faceva risparmiare i pali e proteggeva la pianta dall’umidità e dai predatori. La vendemmia era pericolosa, e allora il proprietario prometteva agli operai di pagare crematura e funerale in caso di caduta mortale. Oggi le viti particolarmente alte sono sopravvissute in Italia, nell’isola di Creta e in Portogallo. In Campania qualche tenuta vinifica ancora viti centenarie non innestate, che hanno resistito alla fillossera. I vitigni asprinio si arrampicano sui pioppi, che crescono velocemente in altezza, e le cui foglie piccole consentono alla vite di avere luce. L’altro vantaggio dell’altezza è che il vento mediterraneo asciuga l’umidità, che facilita lo sviluppo di malattie micotiche. Carlo Numeroso, proprietario della tenuta Borboni presso Aversa, lascia crescere le viti fino a 15 metri di altezza, senza mai potarle, e senza nessuna copertura fitosanitaria. Per vendemmiare le spettacolari muraglie verdi, cariche di uva, gli operai salgono su scale (ognuno la sua, adatta alle proprie caratteristiche fisiche), e riempiono dei panieri col fondo appuntito, chiamati “fescine”, i quali cadendo si infilzano nel terreno. Un aiutante li svuota e i panieri risalgono con la corda. Ogni piede dà moltissima uva poco matura, che rimane acidula, una caratteristica dell’asprinio di Aversa. Molte tenute valorizzano l’acidità per produrre un vino frizzante con metodo tradizionale (champenois) in tino chiuso, come uno spumantino classico. All’opposto del vino acidulo, Carlo Numeroso ha fatto la scelta paradossale di usare questo vitigno per un vino liquoroso. Per realizzare questa curiosità, Numeroso vendemmia a ottobre, conserva i grappoli in luogo asciutto e li pressa a gennaio
Vigne vulcaniche riconosciute dall’Unesco come patrimonio mondiale dell’Umanità, un “vino della pace” che riunisce più di 600 vitigni di tutto il mondo, viti di 15 metri di altezza in Italia e in Portogallo, i vini di ghiaccio del Québec, il vino del deserto del Gobi, le doppie vendemmie di Taiwan, la vigna monumento storico del Sudafrica, le vendemmie del 31 dicembre, la musica classica nei vigneti, un bordeaux alla “neve carbonica”: molte pratiche viticole in tutto il mondo si allontanano da quelle tradizionali, con immenso piacere degli amanti dell’originalità e dei nemici dell’omologazione. Pierrick Bourgault (vincitore del premio giornalistico agricolo e, nel 2016, del premio dell’Organizzazione internazionale della Vigna e del Vino-OIV), dopo aver scoperto decine di vini insoliti in un viaggio di cinque anni attraverso i cinque continenti, spiega nel libro “Vini insoliti” (disponibile in italiano, inglese, spagnolo e francese, edizioni Jonglez, www.edizionijonglez.com) la viticoltura e la vinificazione con un linguaggio chiaro e accessibile a tutti, cominciando dalle pratiche classiche fino a quelle più insolite. Ecco un viaggio fotografico tra alcuni luoghi, tecniche e vini più straordinari e meno conosciuti del mondo.
Fonte: repubblica.it
Autore: Valerio Ceva Grimaldi
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