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vinoway.com – Asprinio di Aversa: l’uva che non ha eguali

Lo scrittore Mario Soldati così descriveva l’asprinio d’ Aversa: “Questo grande piccolo vino profuma di limone, è di una secchezza totale, sostanziale, che non lo si può immaginare se non lo si gusta”.

È un vino dal colore verdolino e dai profumi agrumati, tra i quali spicca la nota di limone, ed ha toni vegetali. Ha struttura, e peculare acidità che lo rende “aspro”. Da qui il nome “asprinio”.

Le origini sono incerte. Alcune analisi molecolari, svolte sul vitigno, dimostrano che è uno dei più antichi della Campania, geneticamente simile all’uva greco. Altre fonti ipotizzano la parentela con il pinot bianco, introdotto nel Cinquecento – durante la dominazione francese – dalla Corte Angioina, per ottenere un vino spumantizzato, che riproducesse le caratteristiche dello champagne.

La scelta del territorio, per coltivare l’asprinio (la rigogliosa terra di Aversa, un tempo chiamata Liburia) non è un caso.

È sostanzialmente dovuta alla conformazione del terreno, di origine vulcanica riconducibile all’area flegrea, composta da tufo giallo e grigio, da lapilli, pozzolane e cenere, ricco di trachite e potassio. Questi elementi consentono di ottenere un vino che si presta ad essere spumantizzato.

I comuni vocati per la coltivazione – rientranti nel disciplinare di produzione della Doc – sono 22, dei quali 19 nel casertano e 3 in provincia di Napoli.

Le caratteristiche fisiologiche del vitigno asprinio, si manifestano con un grappolo di medie dimensioni, a forma conica, di colore grigio/verde e con la presenza di abbondante pruina sulla buccia, che risulta abbastanza spessa. È vigoroso e resistente all’oidio e alla peronospora. Matura intorno alla fine di settembre.

Singolare ed affascinante il sistema di allevamento tradizionale ad alberate, o festoni, per l’ asprinio di Aversa. Ha origine etrusche ed è unico nel suo genere.

Consiste nel far arrampicare i tralci delle viti intorno ad alti pioppi od olmi, che fungono da tutori, raggiungendo anche i 20 metri di altezza e formando vere e proprie barriere vegetali, chiamate vigne maritate. Per la vendemmia si utilizzano strette e alte scale di legno, e sono richieste capacità di equilibrismo a contadini esperti, chiamati in loco “uomini ragno”. Un lavoro la cui difficoltà si ripete anche nella potatura.

Il sistema alberata consente di conservare un alto grado di acidità all’uva, in quanto la distanza dei grappoli dal terreno li preserva dall’effetto del caldo. Inoltre isola l’umidità, che favorirebbe le malattie.

Le viti coltivate sono quasi tutte a piede franco. Anche la conservazione e l’affinamento del vino costituiscono elemento di tipicità.

L’Asprinio di Aversa, secondo gli antichi canoni, gode della frescura, della giusta umidità e di temperatura costante tutto l’anno. Per questi motivi, sosta il tempo necessario, in grotte di tufo scavate a 13 metri di profondità, prima dell’immissione sul mercato.

Grazie all’ impegno della famiglia Numeroso della cantina I Borboni, di Lusciano, questo vino è stato salvato dall’estinzione.

L’azienda Buton per anni è stato l’unico cliente dell’asprinio: per le caratteristiche di neutralità ed acidità del vino, lo distillava per produrre il Brandy Vecchia Romagna. Nel 1982 Nicola Numeroso ne inizia il recupero, vinificando il vino asprinio d’ Aversa, nelle versioni fermo e spumantizzato.

Il consenso è immediato. Dopo circa dieci anni dal primo imbottigliamento, arriverà il  riconoscimento Ministeriale della Doc Asprinio, che ne consacrerà a livello nazionale ed internazionale, l’importanza e la qualità.

Oggi diverse cantine producono l’ asprinio d’Aversa, ma le aziende non sono in numero sufficiente  per fare sistema e portare il vitigno alla gloria di tanti altri vini italiani.
Un vino che come pochi, spicca per la profonda territorialità, dove la particolare forma di allevamento – alberata aversana – prende il nome dalla terra che lo ha visto nascere, testimoniando il rapporto storico culturale che lega l’asprinio al suo territorio.

Fonte: vinoway.com
Autore: Antonella Amodio
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