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gamberorosso.it – Sette vini campani al di fuori delle solite rotte (scovati al Vinitaly)

Una degustazione nel padiglione Campania ci ha dato modo di riflettere sugli ultimi decenni del panorama vinicolo regionale, tra vitigni meno conosciuti e zone che sgomitano per emergere

Se c’è una costante nell’affrontare le degustazioni campane, la individuiamo nel livello di divertimento che la regione offre da alcuni anni a questa parte. Impossibile annoiarsi quando si ha a che fare con una regione in grado di offrire una miriade di vitigni autoctoni declinati su altrettanti territori diversi, ognuno caratterizzato dalle sue peculiarità. L’occasione per riflettere su tutto questo è stata una degustazione presso il Padiglione Campania al Vinitaly 2025Jacopo Cossater (Intravino) e Antonio Boco (tipicamente) hanno guidato l’evento partendo proprio da alcune considerazioni su questi due aspetti.

Antichi vitigni, nuove interpretazioni

«Attualmente sono molte le regioni in Italia che vantano al loro interno una grande variabilità territoriale», apre Jacopo Cossater, «cosa che, in alcuni casi, può diventare un eccesso. Perché vale la pena riflettere: alla fine quante sono davvero rilevanti? E lo stesso discorso vale per le uve. È inevitabile che non tutti i territori e i vitigni abbiano lo stesso peso. Ma il bello è che le situazioni possono cambiare: e quindi i territori posso crescere, evolvere, incrociare i gusti del momento. Ed è quello che vediamo in Campania, spesso grazie all’intervento di aziende piccole e medio-piccole, che hanno portato di frequente una ventata di novità, cercando di rivoluzionare, o comunque di dare uno scossone, alla gerarchia regionale, aprendo prospettive anche su diverse tipologie di pubblico».

Di sponda Antonio Boco: «questo processo, in Campania, è iniziato intorno agli anni 2000, quando, per esempio, molto viticoltori hanno deciso di creare la propria azienda agricola, magari fuoriuscendo dai sistemi di conferimento delle uve ad aziende più grandi. Mi piace paragonare questa situazione con ciò che negli stessi anni stava succedendo nella Champagne, con i vigneron che con le loro cuvée iniziavano a farsi largo tra le grandi maison».

La Campania al Vinitaly 2025 si è presentata con una formazione ampia e compatta: tra le regioni più rappresentate di questa edizione, sono ben 270 le aziende presenti in fiera. La degustazione proposta ha voluto accendere un faro su alcuni vitigni “antichi”, letti però in chiave contemporanea, in una metaforica passeggiata tanto tra le uve quanto tra le varie zone.

Asprinio di Aversa Vite Maritata ’24 – I Borboni

Chi frequenta il vino campano conosce la particolarità degli impianti dell’asprinio, le cui viti si arrampicano, anche molto in alto, sui fusti degli alberi, un sistema di allevamento molto antico, quasi archeologico: la vite maritata. I Borboni è un’azienda che risale al Settecento e che presidia l’agro aversano, dai suoli sabbiosi, praticamente da sempre. Il loro Asprinio Vite Maritata ’24 è molto agrumato, profuma di foglia di limone, c’è un’idea di mela matura, la bocca è acida ma controllata, accogliente; il finale è erbaceo. Piacevole e generoso.

 

Fonte: www.gamberorosso.it
Autore: Gambero Rosso
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